
Quando tuo figlio si chiude nel silenzio: come riaprire un canale di ascolto
Ci sono momenti in cui un figlio adolescente si chiude, smette di raccontarsi, si ritira in una stanza o dietro uno schermo.
Come genitori, ci si può sentire impotenti, tagliati fuori, frustrati.
Il silenzio può diventare assordante, perché ci lascia soli con le nostre paure, le nostre ipotesi, i nostri sensi di colpa.
Ma spesso quel silenzio non è un rifiuto.
È una protezione.
Il silenzio dell’adolescente: cosa sta succedendo davvero?
L’adolescenza è una fase delicatissima dello sviluppo. È il tempo in cui il ragazzo o la ragazza è chiamato a ridefinire la propria identità, separandosi gradualmente dalle figure genitoriali per costruire un senso di sé più autonomo e coerente.
Secondo Erik Erikson, lo psicologo dello sviluppo che ha studiato a fondo le fasi dell’identità, l’adolescente affronta il compito evolutivo del passaggio da "identità vs. confusione di ruolo". In questo momento, il bisogno di privacy e introspezione aumenta. Il silenzio, in questo quadro, non sempre è una chiusura relazionale, ma può essere un modo per elaborare, pensare, sentirsi al sicuro.
Anche la teoria dell’attaccamento, soprattutto nei suoi sviluppi più recenti (come nel lavoro di Dan Siegel), ci aiuta a comprendere che gli adolescenti hanno ancora bisogno di sentirsi visti e regolati emotivamente, pur nel loro bisogno di autonomia. Quando si chiudono, stanno probabilmente cercando una forma di distanza che non spezzi il legame, ma lo renda più tollerabile nella loro trasformazione interna.
Il sorso d’acqua: Riconnettersi attraverso una presenza gentile
In questi momenti, una reazione comune dei genitori è quella di forzare il dialogo, chiedere spiegazioni, o esprimere la propria frustrazione (“Ma perché non mi parli più?”).
Ma queste strategie, per quanto comprensibili, rischiano di aumentare la distanza.
Cosa può fare davvero la differenza?
Una presenza gentile, non giudicante, silenziosa ma stabile.
Prova a sederti accanto a tuo figlio o tua figlia in un momento neutro, senza aspettative:
mentre guarda una serie, cucina qualcosa, disegna, gioca o semplicemente è rilassato.
Anche senza parlare, la tua vicinanza comunica: “Io ci sono, quando vuoi.”
Questa è una forma di co-regolazione implicita, che rinforza il legame affettivo senza invaderlo.
Spesso, da quel piccolo gesto, si riapre una breccia. A volte dopo pochi minuti, a volte dopo giorni. Ma la piantina della fiducia è stata innaffiata.
Se senti che la distanza si sta facendo troppo grande, chiedere aiuto non è un fallimento, è un atto di cura.
Nel mio studio a Caserta, accompagno genitori e figli in percorsi di ascolto e riconnessione, attraverso colloqui individuali, familiari e gruppi di supporto per genitori.
Perché ritrovare il dialogo è possibile, e non sei solo.